La Vigor, dà il benvenuto ad un nuovo allenatore; il coach in questione è: Cristiano Prandi. Possiamo dire con certezza che la scelta di Paolo Boscarato non poteva che essere la più adeguata.  è i profilo giusto per plasmare i nostri giovani atleti. Oltre ad avere un bagaglio di esperienze maturate nel corso degli anni, possiede una carica umana non indifferente.

Il tecnico trevigiano, alla soglia dei 57 anni, può vantare una vita intera con in mano la palla a spicchi prima da giocatore e poi da allenatore. Da giocatore purtroppo, per problemi lavorativi e per aver scelto di dedicarsi al ruolo di allenatore, ha dovuto smettere abbastanza presto.

Con lui facciamo una bella chiacchierata per conoscerlo un po’ meglio.

Cristiano, benvenuto alla Vigor. Il nostro responsabile tecnico del settore giovanile Paolo Boscarato è riuscito finalmente a portarti qui da noi. Puoi dirci cosa ti ha fatto decidere finalmente ad approdare a Conegliano?

“La Vigor Conegliano è una società storica della piazza cestistica veneta e la sua serietà e tradizione hanno sempre rappresentato un esempio per tutti gli addetti ai lavori. Quando Paolo mi ha contattato la prima volta e mi ha illustrato il progetto, sono rimasto da subito entusiasta; poi ho conosciuto anche il Presidente Tintinaglia e vista la sintonia instauratasi dopo la prima chiacchierata, ho capito che non avrei dovuto perdere questa opportunità”.

Allenatore è anche essere insegnante di vita, quali sono per te oggi, le difficoltà ad educare un giocatore?

“Il ruolo del coach è di per se da sempre difficile, ma quello di oggi è, se possibile, ancora più complesso di un decennio fa: la società fa paura e i ragazzi, tutti, ma soprattutto quelli in età adolescenziale, hanno bisogno di riferimenti, regole, valori e certezze. Il ruolo dell’allenatore moderno dev’essere dunque prima di tutto quello di educatore, per fare in modo che i ragazzi imparino a comportarsi in modo adeguato nella vita di tutti i giorni come sul campo da basket, senza però perdere la loro personalità e spontaneità, che sono il bene più prezioso che hanno. E’ bello vedere che ognuno di loro, con le proprie peculiarità, cresce giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi. Se un allenatore riesce a trasmettere questo, ha già vinto; poi, ovvio, bisogna anche insegnare loro a giocare e, perché no, a saper vincere e perdere, ma quella forse è la parte più facile e divertente”…

Come ti descrivi come coach? Quali sono i tuoi pregi e i tuoi difetti?

“Difetti ne ho tanti, purtroppo, ma ho il pregio di ammetterlo… scherzi a parte, sono un allenatore maturo e preparato, ma non smetto mai di imparare, anche dai colleghi più giovani. Credo che ogni allenatore possa e debba prendere spunti anche dagli altri coaches, non necessariamente perché più bravi, ma perché diversi da lui e quindi “interessanti” per qualche nuovo spunto. Poi ovviamente tutto va applicato al proprio modo di allenare, che è e deve rimanere del tutto personale. Io mi ritengo “duro” il giusto e dai miei ragazzi pretendo sempre il massimo; quando alleno un gruppo lo faccio sempre per raggiungere il miglior risultato possibile con il potenziale che ho in mano, che può essere vincere un campionato, ma anche più semplicemente disputare una stagione onorevole, sempre con l’obiettivo di poter dire a fine anno che la squadra è cresciuta e maturata”.

Quand’è che ti accorgi realmente di aver fatto un buon lavoro con il tuo gruppo?

“Quando vedi che la squadra ti ascolta e ti segue, poi come ho detto in precedenza, gli obiettivi in termini di risultati non possono essere sempre uguali e devono essere commisurati all’effettivo potenziale del gruppo. La bravura del coach dev’essere quella di far diventare importanti anche i traguardi più piccoli”.

Quanto tempo dedichi ai fondamentali individuali e quanto in quelli di squadra?

“Per i fondamentali individuali occorre essere ben coadiuvati dallo staff tecnico, magari con un lavoro specifico da svolgere nelle pause della stagione o, perché no, in estate, perché durante le normali sedute di allenamento non è sempre facile dedicare tempo e risorse a questo tipo di attività; per quelli di squadra invece deve esserci spazio ogni allenamento, magari con degli esercizi di condizionamento che nel contempo trovino l’applicazione dei fondamentali. Non è detto che in un esercizio di transizione offensiva non si possa puntare il focus anche sulla tecnica di passaggio o su quella del tiro”.

Qual è stato o è il tuo coach di riferimento?

“Sarà perché l’ho in qualche modo visto e incrociato varie volte al Palaverde ai tempi in cui allenava la Benetton e prima ancora da giocatore a Milano, ma Mike D’Antoni per me è sempre stato l’allenatore con le idee più vicine alla mia idea di pallacanestro: poi l’ho seguito molto in NBA, dove la sua idea di contropiede e tiro rapido (il suo “7 seconds or less” di Phoenix con Steve Nash ha dominato per un po’) mi ha sempre entusiasmato perché ricalca il mio ideale di gioco, per gli atleti che giocano divertendosi e per chi guarda le partite e che va al palazzetto sapendo che vedrà quasi sicuramente un bello spettacolo”.

Obiettivi per il futuro: qual è il tuo sogno nel cassetto?

“Ho sempre e solo allenato i giovani e ne sono felice e orgoglioso, perché qualcuno di loro un domani sperò potrà ricordarsi di me e dire che gli ho lasciato qualcosa; ma prima di essere troppo “vecchio” mi piacerebbe anche allenare una squadra senior fatta magari prevalentemente da giovani, partendo, è ovvio, da una categoria “minors”, ma per poi provare a fare una “scalata” verso campionati più importanti”.

Quali sono i tuoi passatempi oltre a fare il papà e marito a tempo pieno?

“Lavoro e famiglia, oltre naturalmente al basket, assorbono gran parte del mio tempo, ma adorando il mare, il sole e il caldo, appena posso mi “fiondo” in spiaggia con la mia consorte: certo, Jesolo non è Honolulu o Miami, ma diciamo che è comoda e piacevole. Lì riesco a rilassarmi e a trovare un po’ più di tempo per stare con lei (Monica, una Santa….) o perché no a giocare a beach volley con mia figlia Carlotta e i suoi amici o o calcio con il secondo genito Nicolò (che è un 2005 come parte del gruppo che allenerò quest’anno, ma che purtroppo ama solo il calcio e il Milan!).Non disdegno comunque di guardare altri sport, film e serie TV sulle varie piattaforme disponibili. Ovviamente vista la mia stazza sono anche un’ottima forchetta”…

Quale è stata la situazione o episodio da cui hai tratto una felicità immensa?

“Cestisticamente parlando, la promozione in serie D quando giocavo a Spresiano, ormai una vita fa: un gruppo stupendo con il quale ho condiviso spesso anche la vita al di fuori del campo da basket. Umanamente invece posso dire di aver vissuto un’esperienza personale e familiare di grande dolore, paura e sofferenza, fortunatamente conclusasi nel migliore dei modi e, dunque, davvero con una gioia immensa, che mi ha però formato nel profondo dell’anima e lasciato un segno indelebile. Oggi vedo davvero la vita con occhi diversi”.

Termina qui la nostra chiacchierata con Cristiano Prandi. Come avete avuto modo di leggere, sembra veramente un bel personaggio. Dalle sue parole si evince che la Vigor ha individuato una persona in buona sintonia con le proprie idee. Per la cronaca, e come ha accennato pocanzi, a Cristiano quest’anno verrà affidata la squadra degli Under 19 Gold, ragazzi nati negli anni 2005 e 2006! Appuntamento quindi per il giorno del raduno, martedì 29 Agosto alle 19:00 presso il rinnovato Palazzetto dello sport chiamato altresì PALAVIGOR!!!

Buon lavoro Cristiano!

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